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Bertina Lopes, artista di fama internazionale, nasce a Lourenço Marques, attuale Maputo, capitale del Mozambico, l’11 luglio 1924. La madre appartiene a una distinta famiglia locale, mentre il padre è un colono portoghese dedito al commercio.
L’artista riceve, unitamente alle tre sorelle, una rigida educazione scolastica e, dall’ambiente familiare molto vivace, lo stimolo alla precoce tendenza artistica e al senso di giustizia e libertà che ne hanno da sempre influenzato le scelte personali, ideali e artistiche.
Frequenta le scuole a Maputo, fino al secondo anno di liceo, e completa gli studi secondari a Lisbona, dove inizia a studiare pittura e disegno con Lino António e Celestino Alves.
Fra il 1945 e il ’49 segue il corso di “Desenhador Litógrafo e Pintura Decorativa” presso la Scuola di Arti Decorative “António Arroio”, dove ottiene il diploma e l’abilitazione all’insegnamento artistico. In questa stessa città frequenta il corso di pittura della Scuola Superiore di Belle Arti, corrispondente alle Accademie di Belle Arti degli altri paesi europei, ed entra in contatto con noti pittori e intellettuali del periodo, tra i quali Carlo Botelho, Albertina Mantua, Costa Pinheiro, Jùlio Pomar e Nuno Sampayo.
Durante questo periodo Bertina è soprattutto influenzata dalla pittura d’avanguardia e di superamento dell’arte del cosiddetto “Modernismo” portoghese.
Nella sua formazione, così come in quella di altri giovani artisti suoi coetanei, fondamentali del resto sono le esposizioni di arte organizzate dalla Società Nazionale di Belle Arti (1946-56), nelle quali appunto partecipano importanti pittori occidentali e i muralisti sudamericani.
Il clima culturale e artistico del Portogallo di quel periodo è afflitto dalle asfissianti chiusure del regime di Antonio Salazar, soprattutto rispetto alla produzione di quella che veniva definita come “arte negra”.
E’proprio in questo climax che Bertina inizia a respirare l’aria dei circoli antifascisti d’ispirazione marxista e liberale, conosce molti dirigenti politici dell’opposizione clandestina, maturando un forte sentimento di libertà e di democrazia. Dichiara apertamente le proprie simpatie comuniste e la polizia segreta la tiene sotto stretto controllo.
Nel 1953 torna in Mozambico dove ricopre per nove anni la cattedra di “Disegno artistico” nella Scuola Tecnica femminile "General Machado", e inoltre insegna “Disegno artistico” e “Pittura decorativa” nella sede della Associazione Africana.
I suoi metodi didattici innovativi, fondati sull’osservazione della realtà urbana, sociale e della natura, e il senso di libertà delle sue idee estetiche e politiche, la rendono popolarissima e amata tra le allieve dell’istituto “Machado”, così come tra gli studenti di altre scuole di Maputo, ma tali metodi entrano però in aperto contrasto con i rigidi schemi scolastici ufficiali.
Nel 1956 realizza una pittura murale nel Pavilhão da Evocação Històrica dell’Exposição de Actividades Sociais, Culturais e Economicas, aperta in concomitanza con la visita in Mozambico del Gen. Craveiro Lopes, Presidente della Repubblica del Portogallo. Nel 1959 è nominata Presidente della Secção des Artes Plàsticas del Nùcleo de Arte di Maputo e, nel 1960, vice-Presidente della Direccao dello stesso Nùcleo de Arte.
In questo periodo iniziano anche i problemi politici dell’artista; infatti, sono questi gli anni in cui la Lopes conosce i principali protagonisti della lotta anticoloniale mozambicana, a cominciare da Edoardo Mondane, fondatore del FRELIMO (Frente de Liberaçao do Moçambique) e di Samara Machel, futuro Presidente della Repubblica del Mozambico libero e indipendente, oltre ai maggiori artisti e uomini di cultura che avranno un ruolo di primaria importanza nella futura storia del paese.
Dal punto di vista artistico Bertina Lopes si avvicina anche alla poesia, in particolare a quella di Noémia de Sousa e soprattutto a quella di José Craveirinha, i quali influenzano irrimediabilmente la sua sensibilità artistica e le sue motivazioni ideali entrando direttamente nella sua figurazione ancora volutamente primitiva. Sposa un giovane giornalista e poeta, Virgilio de Lemos (Ibo 1929), una delle figure fondamentali della poesia del Mozambico, dal quale nel 1955 ha due gemelli, Virgilio ed Eugenio. Sono gli anni in cui de Lemos, con l’eteronimo di Duarte Galvão, pubblica un poema anticoloniale, a causa del quale subisce un processo per disprezzo della bandiera portoghese (1954) ed entra nella resistenza mozambicana (1954-61). É anche accusato e arrestato per “sovversione” e collaborazionismo con i gruppi clandestini attivi per l’indipendenza del Mozambico.
Bertina, con il marito e grazie anche alle loro frequentazioni politiche e culturali, solidifica sempre più il suo sentimento politico fondato sul bisogno di riscatto dei popoli dall’oppressione coloniale e dalla discriminazione razziale, sociale e culturale, inseparabile dall’arroganza dell’invasione coloniale dell’Africa da parte dell’Occidente che provoca sfruttamento e sofferenze. A ciò si accompagna un innato spirito di solidarietà verso gli umili, gli oppressi, i deboli che diventano protagonisti di molte sue opere di questo periodo.
Nel 1961, per ragioni politiche e sotto le pressanti repressioni del colonialismo salazariano, la Lopes lascia la cattedra di insegnamento e abbandona il Mozambico per il Portogallo, dove per un periodo vive e dipinge per mezzo di una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona, conseguita grazie alla lungimiranza del giovane direttore Victor de Sa Machado. Un anno dopo viene raggiunta dai due figli e si trasferisce a Cascais, mentre il marito riesce a fuggire dal Mozambico e raggiungere faticosamente Parigi. La pittura della Lopes di questi anni è andata rivolgendosi, dal punto di vista stilistico, verso quel senso acuto di etnicità che la contraddistinguerà anche nei successivi anni romani (anni Sessanta-Settanta); mentre per quanto riguarda i temi rappresentati l’artista si affida alle favole e alle storie dell'Africa, alle poesie di José Craveirinha, oltre che alla realtà sociale e politica che vive in quel periodo e che la accompagneranno anche negli anni Sessanta, perciò durante la lontananza geografica dalla madre patria, divenendo quasi nuove mitologie espressive e, mediante l'impegno sociale, politico e umanitario, grido di opposizione ed azione verso l'indipendenza.
A Lisbona conosce Manuel de Brito, direttore della Galeria III, tramite il quale continuerà ad investigare le novità stilistiche e concettuali della pittura d’avanguardia e che le fa conoscere molti artisti e intellettuali di passaggio in Portogallo. Del resto, proprio sul piano del linguaggio visivo, la figurazione di Bertina è sempre più coinvolta dall’aspirazione avanguardistica, sviluppata mediante un utilizzo spregiudicato del colore e un uso della linea dedotta totalmente dal decostruttivismo post-cubista. Due elementi che rappresentano un vero e proprio fil rouge sul quale la Lopes ha costruito, e continuerà a farlo, il proprio successivo catalogo artistico.
Nel 1963 Bertina, sempre a Lisbona, inizia a lavorare la ceramica insieme a Querumbin Lapa, presso la Fábrica Viùva Lamego. In questo stesso periodo ottiene una nuova borsa di studio dalla Fondazione Gulbenkian e riesce a lasciare il Portogallo dove ormai è diventato impossibile vivere per una donna, artista, libera. Bertina si trasferisce a Roma (1964), con il doppio scopo di sfuggire al controllo della polizia politica portoghese ma anche di completare e raffinare la sua formazione artistica.
Nel 1965, proprio a Roma, sposa Francesco Confaloni, giovane appassionato di arte e musica, e acquisisce la cittadinanza italiana. In questo periodo determinanti sono gli incontri con alcuni artisti italiani, con i quali Bertina inizia a confrontare il proprio personale e originale linguaggio. Tra questi ricordiamo Marcello Avenali, Franco Gentilini, Emilio Greco, Lorenzo Guerrini, Carlo Levi, al quale è stata molto legata, Marino Marini e Antonio Scordia, alla morte del quale la Lopes dedica un sentito omaggio dipinto (!988). Più complesso il rapporto con Renato Guttuso.
Agli artisti conosciuti e frequentati dobbiamo assolutamente affiancare anche gli intellettuali e i critici che hanno seguito e sostenuto l’arte di Bertina, a partire da Giulio Carlo Argan, Dario Micacchi a Nello Ponente, Marcello Venturoli e, a seguire, negli anni Settanta-Ottanta, Enrico Crispolti, Simonetta Lux, Renato Nicolini, Carlo Savini, Luciana Stegagno Picchio, Claudio Strinati, etc. Senza dimenticare la forte unione culturale e d’intenti perseguita con Enrico Berlinguer.
É proprio a Roma che Bertina Lopes accentua la radicalità espressiva della sua figurazione. “La mia radice antica” s'intitola, del resto, una serie di opere degli anni Sessanta-Settanta mediante le quali ben si coglie quel carattere riflessivo e nostalgico, di "personale sguardo verso il passato" della sua pratica pittorica in quel periodo.
Nel 1973 l’artista si trasferisce, per un periodo, negli U.S.A., visita New York, Washington, Boston, Philadelphia e i loro musei di arte contemporanea, intensificando così la sua conoscenza dell’arte d’avanguardia e post, lasciandosi ancor più influenzare dai fermenti pittorici del post-cubismo di Georges Braque, del linearismo sincopato di Henri Matisse e, ancora, dell’arte di Pablo Picasso, considerato dall’artista il vero e proprio “genio del ‘900” e tramite il quale la Lopes confronta il progressivo affinarsi del proprio personale e originale stile pittorico.
Bertina conoscerà Picasso solo negli ultimi anni di vita dello spagnolo e per il tramite di una comune amica, la gallerista madrilena Juana Mordò. A seguito di questo intenso e fondamentale incontro professionale e umano, Bertina nel 1974, dopo una profonda metabolizzazione della morte di Picasso (1973), realizza uno dei suoi più importanti ed intensi dipinti, “Omaggio per la morte di Picasso”. L’opera è volutamente ispirata allo stile di “Guernica”, con un rafforzamento però del senso di angoscia, di claustrofobia e di tragicità dell’opera. Il “padre dell’avanguardia pittorica mondiale”, è rappresentato di profilo, grigio-verde – la morte/immortalità dei monumenti celebrativi – con due orecchie e due occhi per lato, esplicita allusione alla potenza dei sensi peculiari dell’artista. Accanto al “genio”, in alto, il Minotauro, soggetto ormai identificativo dell’artista, con intorno donne piangenti e soldati simbolo della repressione politica alla quale per molto tempo Picasso è stato fatto atto in Spagna e contro la quale ha sempre lottato. Questa opera della Lopes diventa paradigma e summa della stessa pittura da lei svolta per tutti gli anni Settanta.
Forte e continuo rimane il legame di Bertina con il Mozambico e il Portogallo, dove vivono le sorelle e i figli, che si intensifica dopo la Rivoluzione dei garofani, conclusasi il 25 aprile 1974 con il ritorno della democrazia in Portogallo, nel periodo quindi della “Terza repubblica”, quella della pianificazione delle riforme democratiche che porta a garantire, nel 1975, l'indipendenza ai suoi territori africani. Più di un milione di afro-portoghesi lasciano queste colonie, mentre in contemporanea il Mozambico inizia ad essere dilaniato da una serie di guerre civili di durata quasi trentennale.
La pittura della Lopes risente molto delle tensioni emotive legate agli accadimenti politici che si riflettono così direttamente sulle condizioni di vita delle popolazioni del suo paese, soprattutto nel periodo seguito all’indipendenza della guerra fratricida dei gruppi indipendentisti del Mozambico, coalizzati nei due contrapposti movimenti armati del FRELIMO e del RENAMO (Restistenza nazionale mozambicana).
Sotto la presidenza di Samora Machel, leader del FRELIMO, il paese si allinea politicamente all'Unione Sovietica dando luogo a un'economia socialista e appoggiando politicamente gli altri movimenti indipendentisti dell'area, come l'African National Congress sudafricano. La collocazione politica del Mozambico costa al paese l'ostilità dei governi bianchi di Sudafrica e Rhodesia e persino degli Stati Uniti. Questi paesi furono del resto fra i principali finanziatori degli antagonisti del nuovo Presidente riuniti sotto la sigla di RENAMO, un movimento armato anti-comunista che negli anni Ottanta ritrascina il Mozambico in una guerra civile che porta conseguenze umane, umanitarie ed economiche disastrose.
Questa guerra fratricida provoca uno spasmo emotivo lacerante in Bertina Lopes che bene si manifesta nelle sue tele del periodo, dall’impatto cromatico molto violento, dalla sperimentazione di nuovi materiali utilizzati come esplicita rottura, denuncia e protesta politica. I suoi “Totem” fatti di corde, carte, frammenti di legno, ecc, divengono veri e propri emblemi culturali e visivi di una madre patria troppo chiusa nel proprio microcosmo politico, manipolato dalle grandi potenze occidentali.
Sono proprio queste opere ad essere ammirate da Giulio Carlo Argan, il quale riteneva, da storico dell’arte e Sindaco di Roma (1976-79), l’arte della Lopes come una delle espressioni più congeniali a giudicare Roma “communis patria” di ogni forma di cultura, tanto da invitarla ad esporre, nel 1977, alla “Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma”, presso il Palazzo delle Esposizioni.
Nel 1979 il Governo della Repubblica Popolare di Mozambico le concede la nazionalità.
All’inizio degli anni Ottanta, sempre seguendo la citata contrapposizione ideologica, la Lopes inizia una produzione di bronzi, anche questi dal carattere totemico, dove di nuovo è esplicitato il senso e la metafora visiva della violenza.
Nel 1981 firma un contratto con la fabbrica “Fortunato Silvério” di Porto per la realizzazione de carte da parati. In questo stesso anno l’artista è invitata ufficialmente da Samora Machel, Presidente del Mozambico, a partecipare ai festeggiamenti per il VI Anniversario dell’Indipendenza del Mozambico. Sempre nel 1981 la Lopes è anche invitata, espressamente dal Ministero della Cultura dell’Iraq, ad esporre nel Museo Nazionale d’arte moderna di Bagdad.
Nel 1982, presso il Museu Nacional de Arte Moderna di Maputo, si tiene una importante rassegna della pittura di Bertina Lopes che diventa in qualche modo il riconoscimento ufficiale del lavoro svolto dall’artista in Europa come vero e proprio tramite con la madrepatria. A seguire ricordiamo la mostra dei nuovi bronzi e dei dipinti dell’ultimo periodo della Lopes esposti a Luanda, in Angola, con invito ufficiale dalla Segreteria di Stato della Repubblica Popolare dell’Angola e, nel 1986, la fondamentale antologica tenutasi nel Palazzo Venezia di Roma.
Alla fine degli anni Ottanta e inizio Novanta Bertina Lopes, in un periodo di totale ripensamento delle proprie radici culturali e lungo la stilistica strada maestra dell'astrattismo, che adotta fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta come rifiuto e superamento della sua precedente matrice espressiva, inizia a dirigere lo sguardo pittorico verso il Cosmo, lo Spazio.
In particolare è la prima metà degli anni Novanta a contraddistinguersi per la produzione di opere incentrate proprio sulla riscrittura di una sempre più colorata, privata, realtà Cosmogonica, caratterizzata da intersezioni astrali, incastri e incontri planetari e da una serie di segni nei quali rimane evidente la radice africana dell’artista.
La Lopes tende in questo modo, anche se solo dal punto di vista visivo, a staccarsi da quella idea mondana del quotidiano che ha da sempre contraddistinto il suo percorso espressivo, legandosi con ancor più risoluto vigore coloristico, alle nuove teorie di pensiero della fine millennio, caratterizzate da un'accresciuta contestualizzazione e fascino verso l'universo, spesso anche mediante la possibilità riattualizzare un particolare spiritualismo panico.
Dal punto di vista dell’attività politica della Lopes ricordiamo la sua silenziosa e costante intermediazione fra le due fazioni mozambicane in lotta, che portò, il 4 ottobre 1992, a Roma, alla sigla di quello che ormai è storicamente e a livello mondiale conosciuto come “Accordo Generale di Pace di Roma”, trattato di pace negoziato tra il governo del Mozambico e gli oppositori della RENAMO.
Gli accordi di pace si raggiunsero con la lunga opera di mediazione – 27 mesi con 11 sessioni di lavoro – iniziata e condotta a termine, soprattutto con l'appoggio delle Nazioni Unite, dalla Comunità di Sant'Egidio, rappresentata da Andrea Riccardi e Matteo Zuppi, dal vescovo Jaime Gonçalves e dal Governo Italiano. Così Andrea Riccardi, dal 2011 Ministro per la Cooperazione Internazionale del Governo italiano, introduce i lavori per la pace: «Questa casa, (…) si apre in questi giorni come una casa mozambicana per i mozambicani (...). Abbiamo la consapevolezza di avere innanzi mozambicani patrioti, veramente africani, senza la presenza di esterni. Ciascuno di voi ha radici profonde nel paese. La vostra storia si chiama Mozambico. Il vostro futuro si chiama Mozambico. Noi stessi siamo qui come ospitanti di un evento e di un incontro che sentiamo totalmente mozambicani. In questa prospettiva la nostra presenza intende essere forte per quel che riguarda l'amicizia, ma discreta e rispettosa».
Nel 1993, a Lisbona, la Lopes è nominata "Commendatrice delle Arti" dal Presidente della Repubblica del Portogallo, Mario Soares. In questo stesso anno diventa Consigliere culturale dell'Ambasciata del Mozambico in Italia. Di certo un riconoscimento importante per chi ha da sempre aiutato e organizzato iniziative culturali e artistiche a sostegno della madre patria.
Nel corso di molti anni di attività artistica Bertina realizza innumerevoli mostre, in prestigiose sedi italiane ed estere, mentre il suo importante impegno artistico e umano le ha valso numerosi riconoscimenti, tra i quali il "Grand Prix d'Honoeur" assegnatole nel 1988 dall'Unione Europea dei Critici d'Arte e il Premio Mondiale "Carson", della Rachel Carson Memorial Foundation di New York, conferitole nel 1991.
Per quanto riguarda le mostre, nel 1996, all’interno del Summit Mondiale dell’Alimentazione, la FAO organizza una mostra tematica di Bertina Lopes che diventa la prima mostra di livello internazionale realizzata nella Sede mondiale della FAO di Roma.
Nel 1998 un nuovo importante incontro caratterizza la vita di Bertina Lopes, la conoscenza di Nelson Mandela per il tramite di Graça, vedova del Generale Samora Machel, defunto nel 1986 in un incidente aereo di cui le cause sono tuttora controverse, e terza moglie del leader sudafricano anti-apartheid e Premio Nobel per la Pace.
Nel frammento cronologico contraddistinto dal passaggio fra XX e XXI secolo, Bertina Lopes concentra stilisticamente la sua pittura sempre più sull'assenza dell'uso del pennello e su una maggiore concentrazione coloristica, non disdegnando l’utilizzo di materiale di riciclo industriale.
Per la Lopes il motivo creativo di base diventa il versamento, controllato, guidato, del pigmento cromatico sulla tela, a volte lavorato anche in maniera violenta. Le sue opere così, sempre più di grandi dimensioni, sono formate da grumi e striature di colore, determinate da vistose concentrazioni materiche dallo stridente cangiante. Le macchie divengono quasi psicadeliche, caleidoscopiche, così come bene dimostra quella serie di nuovi dipinti (2000-2002) segnati da un'impronta ritmica, nel senso del ritmo del colore così come dal punto di vista dell'influenza musicale - jazz - non nuova comunque nella pittura della Lopes e che già in precedenza, intorno all'inizio degli anni Novanta, si era andata avvicinando alle teorie sul colore spirituale e musicale di Kandinskij.
Nel 2002, a seguito della grande antologica tenutasi presso il Palazzo della Cancelleria Apostolica di Roma, sotto l’egida della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, a Bertina Lopes viene consegnata la Targa d'argento del Presidente della Repubblica Italiana, uno dei riconoscimenti italiani più ambiti in campo culturale, artistico e intellettuale. La citata mostra viene organizzata in collaborazione con il Consiglio Italiano per i Rifugiati e dedicata alle persone costrette all’esilio, in fuga da guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani.
Nel 2006 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali organizza una nuova grande antologica dell’arte di Bertina Lopes presso il Museo della Città di Rimini e l’Archivio Centrale dello Stato di Roma. In questa occasione viene diramato un saluto augurale, “con sentimenti di vivo apprezzamento per il valore culturale dell’iniziativa” del Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi
L’artista muore a Roma il 10 febbraio 2012. In questo stesso anno il marito, Francesco Confaloni, inizia a raccogliere il primo nucleo documentario, cartaceo e web, dell’Archivio Bertina Lopes per la raccolta e il riordino di tutto il materiale artistico dell’artista.
Le opere della Lopes si trovano in numerose collezioni private e pubbliche nazionali ed internazionali, fra le quali ricordiamo: Bagdad (Iraq), Museo Nazionale d'Arte Moderna; Castelfranco Veneto (Treviso), Palazzo Comunale; Gedda (Arabia Saudita), Museo Nazionele d'Arte Moderna; San Gabriele (Teramo), Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea; Lisbona (Portogallo), Museo de Fundação Calouste Gulbenkian; Lisbona (Portogallo), Fondazione Mario Soares; Maputo (Mozambico), Museo Nazionale d'Arte Moderna; Orvieto (Terni), Palazzo Comunale; Roma, Archivio Centrale dello Stato; Roma, Sede mondiale della FAO; Varese, Museo Civico; Capua (Caserta), Museo Campano.

Premi

1950 - Premio di Pittura, Lourenço Marques (Mozambico).
1953 - Medalha de Prata, Lourenço Marques (Mozambico).
1953 - Prémio Empresa Moderna, Lda., Lourenço Marques (Mozambico).
1958 - 1° Premio (Maior Mérito Artìstico), Beira (Mozambico).
1974 - “Trullo D'Oro”, Fasano di Puglia (Brindisi).
1974 - “La Mamma nell'arte. Comunità di Sant'Egidio”, Roma.
1975 - Premio Internazionale di Pittura “Centro Internazionale d'Arte e Cultura Mediterranea”, Corfù (Grecia).
1978 - “Leader d'Arte. Campidoglio”, Roma.
1986 - “Venere d'Argento”, Erice (Trapani).
1988 - “Grand Prix d'Honneur”, Unione Europea dei Critici d'Arte, Roma.
1991 - Premio Mondiale “Rachel Carson Memorial Foundation”, Roma.
1992 - “La Plejade per l'Arte”, Roma.
1993 - “Commendatrice per meriti”, premio attribuito dal Presidente del Portogallo Mario Soares, Lisbona (Portogallo).
1994 - Centro Francescano Internazionale di Studi per il dialogo fra i popoli, Assisi (Perugia).
1995 - Premio “Gabriele d'Annunzio”, Pescara.
1996 - Premio ”Messaggero della Pace UNIPAX”, Roma.
1998 - “Premio Internazionale Arte e Solidarietà nell'Arca”, Firenze.
1998 - Premio Internazionale “Fra’ Angelico”, Roma.
2002 - Targa d'argento del Presidente della Repubblica Italiana.

 

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